Cari amici sono alla vigilia di una partenza. Domani sarò a Bologna per qualche giorno, per partecipare al convegno nazionale di pastorale giovanile che porta il titolo di “la cura e l’attesa”. Mi aspetto di capire e condividere ciò che il convegno si ripropone: costruire il profilo e le competenze dei buoni educatori; come deve essere un ‘buon’ educatore? Un adulto in grado di stare accanto ai ragazzi con la consapevolezza e la preparazione del caso, perché è attorno alla sua preparazione che si gioca l’emergenza educativa”. Spero di tornare arricchito e di arricchire a mia volta coloro che hanno cura dei nostri giovani.
Ma non è questa la partenza di quel viaggio di cui alludevo nel titolo. Il viaggio che già dal V secolo i cristiani compivano, prende il nome dalla durata del viaggio, quaranta giorni, da cui “quaresima”. Nel nostro tempo la Chiesa ci fa iniziare questo viaggio con il “mercoledì delle ceneri” e ce lo fa terminare il giovedì santo con la celebrazione “nella cena del Signore”, in cui viene rievocato la lavanda dei piedi fatta da Gesù nell’ultima cena. La Chiesa poi ci lascia sulla soglia per poi aprirci la porta al mistero della Pasqua. Prenderemo come riferimento i quaranta giorni di Gesù trascorsi nel deserto tra le tre grandi tentazioni che sentiremo nel vangelo della I domenica di quaresima. In questo viaggio scandito da sei domeniche in cui riceveremo in parte brani tratti dal vangelo di Matteo e parte da quello di Giovanni. Un cammino a tappe a carattere battesimale, ciò significa che avremo l’opportunità di ritornare alle radici della nostra fede, il nostro battesimo, che anche in età adulta non ha del tutto trasformato la nostra vita e non ha del tutto portato i suoi frutti. Passeremo dal deserto di Giuda delle tentazioni; al Tabor, monte della trasfigurazione; a Sicar, al pozzo con la samaritana; alle vie di Gerusalemme con il cieco nato; a Betania, alla tomba di Lazzaro e infine per le strade di Gerusalemme ad agitare con gioia i nostri rami a Gesù che cavalca un asinello. Vi ho fatto conoscere il percorso e questo potrebbe far diventare il tutto scontato e senza sorprese e come se vi facessi conoscere la trama del film di cui state guardando la replica togliendovi il gusto e la sorpresa. Non è proprio così! Perché questo viaggio è diverso! Questo viaggio lo compie chi lo fa nonostante le tappe siano note. E’ un viaggio! Non è il percorso la parte più importante, ma il mio coinvolgimento, le mie reazioni, ciò che succede dentro di me. Italo Calvino diceva: “Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi”. Un altro grande della letteratura latina ci ricorda: “A che 3 serve viaggiare se tu porti te stesso con te? Bisogna cambiare di anima, non di aria” (Sallustio, Lettere a Lucilio). Allora attendo e spero sin d’ora che questo viaggio ci faccia non turisti o visitatori ma pellegrini. Ho accennato a dei luoghi geografici, ma per chi vorrà compiere un cammino spirituale sono anche luoghi e condizioni interiori, spazi di crescita e di rinascita, occasioni dove ci potremmo incontrare con Dio e con noi stessi. Il deserto potrebbe rimandare al proprio vuoto esistenziale che non può essere accettato e riempito se non accogliendo la parola di Dio. Il monte potrebbe metterci in condizione accorciare le distanze tra me e Dio attraverso la meraviglia. Il pozzo di Sicar potrebbe far emergere e riconoscere le nostre seti e la ricerca del senso delle cose e della vita. Il buio e la cecità ci potrebbe far rendere conto delle stoltezze e delle resistenze nell’accogliere ciò che è vero, oppure rimandarci alle fragilità che ciascuno di noi nasconde e che andrebbero portate alla luce. Betania il luogo dell’amicizia sincera che già fa intravvedere la vittoria sulla morte che ci tiene legati e prigionieri. Gerusalemme luogo contraddittorio: trionfo che introduce alla morte e patibolo che nasconde la vittoria.
Compiuto questo pellegrinaggio potremo varcare la soglia e vivere il santo triduo pasquale e celebrarlo in pienezza.
Il primo giorno di questo viaggio non dimentichiamo che ci saranno consegnati con le ceneri tre strumenti preziosi: digiuno, preghiera e carità. Strumenti che da sempre la Chiesa ha affidato ai suoi figli che saranno tanto efficaci quanto coinvolgeranno il cuore non rivestendoli di automatismi e non facendole diventare delle pratiche vuote e non di rado ipocrite.
Nel augurare a me e a voi un buon cammino di quaresima vi affido un breve racconto. Nel mio essere un internauta a singhiozzo mi sono imbattuto in ciò che il rabbino Abraham Joshua Twersky dice a proposito di come cresce l’aragosta:
“L’aragosta è un animale morbido e soffice che vive dentro un rigido guscio che non si espande mai. E come fa l’aragosta a crescere? Mentre questa cresce, il guscio diventa sempre più stretto e scomodo, tanto che l’aragosta non può fare altro che liberarsene. Sentendosi sempre più sotto pressione e a disagio, va quindi a nascondersi tra le rocce. Lì, più vulnerabile che mai, lascia andare il vecchio guscio e si adopera per crearne uno nuovo che possa adeguarsi alle sue necessità. Ad un certo punto, continuando a crescere, anche questo guscio diventa stretto e scomodo. Allora, torna sotto alla sua roccia e ripete il processo, ancora e ancora. Lo stimolo che rende possibile la crescita dell’aragosta è la scomodità, il disagio, il dolore. Se l’aragosta potesse fare come facciamo noi, si limiterebbe a cercare una soluzione immediata: una distrazione che possa far sparire il disagio e che la illuda di aver risolto il problema senza averlo realmente affrontato; e così facendo, non si libererebbe mai di quello che non va più bene per lei. Quello che dobbiamo capire è che i momenti di stress sono segnali che ci suggeriscono che è tempo di cambiare e che se usiamo le avversità a nostro favore, possiamo anche noi imparare a crescere attraverso di esse”.
Mi auguro che questo racconto diventi una metafora che ci metta in cammino con il desiderio di rinascere. Se sentiamo disagio, sofferenze, ferite, peccato e… potrebbe essere arrivato il tempo di riscrivere la nostra storia, lasciarci raggiungere dalla misericordia e dall’amore di Dio.
Buon cammino di Quaresima
padre Emanuele