La ParrocchiaMadonna delle Grazie del Rivao

01(riad. da Santuario Madonna delle Grazie del Rivaio – C. Serafini 2001)

All’origine del santuario della Beata Vergine delle Grazie a Castiglion Fiorentino non si trovano fatti straordinari, apparizioni, o miracoli di cui sia stata lasciata memoria. Si tratta di un luogo di culto, di una meta di pellegrinaggi, non legata ad alcun particolare evento umano o soprannaturale.

Inizialmente la Madonna del Rivaio era una delle numerose edicole, o “maestà” costruite lungo le strade di campagna e sempre aperte per consentire a quanti vi transitavano accanto di manifestare la propria devozione o chiedere protezione. L’immagine della Vergine Maria con in braccio il Bambino Gesù che troneggia dietro l’altar maggiore del santuario è opera di un ignoto autore che l’aveva dipinta senza pretese artistiche, ma nel rispetto degli schemi pittorici dei secoli XV-XVI.
L’edicola che conteneva la sacra immagine sorgeva alle pendici del paese, in un luogo detto Rivaio, lungo il tratto dell’antica strada che, collegando Arezzo e Chiusi, saliva al paese e lo attraversava.
Il toponimo Rivaio non si deve al fatto di essere la riva di una antica palude; più probabile la derivazione da “ripa”, strada in declivio verso l’abitato. Non è comunque da escludere un collegamento al termine “rivum” con il significato di corso d’acqua come risulterebbe dall’estimo del 1412.
Nella seconda metà del XVIII secolo fu modificato il percorso della Via Regia evitando l’attraversamento del paese. La correzione partiva proprio all’altezza della antica maestà, presso l’attuale chiesa del Rivaio.
Fu allora che il loggiato della chiesa diventò un importante punto di osservazione per scorgere le vetture della posta che passavano tre giorni a settimana o le fastose diligenze con a bordo prelati, principi, artisti italiani e stranieri...

Nei primi anni del ‘600 si registra un notevole concorso di gente verso la maestà del Rivaio per la recita di preghiere individuali o comunitarie e litanie. Il fervore fu alimentato anche dal passaggio dei Romei diretti a Roma per l’anno santo.
Alla deposizione di fiori e all’accensione di lumi si aggiunsero voti e offerte in denaro per le quali si rese necessario trovare il modo di disciplinarne la registrazione e soprattutto l’uso. Prese l’iniziativa l’Arciprete della Collegiata che nel 1608, in una seduta del Capitolo, propose che uno dei Canonici fosse delegato a tener conto delle elemosine fatte alla Madonna del Rivaio.
Nello stesso periodo, il nobile Camillo Onesti, che aveva una sua villa nei pressi di quella maestà, volle che l’immagine della Madonna fosse accolta in una chiesa o in un degno oratorio entro il quale si potesse celebrare la S. Messa. Questo desiderio divenne volontà testamentaria il 4 ottobre 1622. Gismondo Gaci e Bastiano Acquisti, il 15 febbraio dell’anno 1625 avviarono la costruzione di una cappella che non doveva essere molto grande visto che era pronta già per la prima domenica di giugno dello stesso anno.
Per accogliere i fedeli che continuavano a venerare la Madonna delle Grazie fu eretto davanti all’oratorio, e quindi proprio sulla strada maestra che lo delimitava, un loggiato con due arcate aperte lateralmente per non interrompere il transito delle persone lungo la strada stessa.
Poiché giungevano ancora numerose offerte allo scopo di fare una costruzione più grande, fu autorizzata dal Vescovo la costituzione di un’Opera al fine di amministrare il denaro e provvedere a una nuova chiesa.
Nel 1638 , il Consiglio della Comunità pensò di poter affidare la chiesa santuario del Rivaio ai Padri Carmelitani, in modo che fossero loro stessi a gestire la costruzione di una nuova chiesa e di un convento, ma i religiosi non erano interessati e la cosa non andò in porto.
Nel frattempo le celebrazioni si facevano sempre più solenni, fino a fissare per la terza domenica di giugno la festa titolare di S. Maria delle Grazie.
Rettore del piccolo santuario era Don Benedetto Luci che “possiede nella villa delle Appendici, una casa sua abitazione con un pezzo di terra lavorata olim logo detto La Madonnuccia”. Proprio Don Benedetto Luci, il 19 maggio 1644 fece un suo legato a favore della chiesa che poi ospiterà le sue spoglie. All’offerta in denaro aggiunse la donazione di un pezzo di terra olivata contigua alla piccola chiesa in modo da poterla ampliare senza interessare la strada maestra. L’area per la nuova chiesa fu ottenuta anche dalla demolizione di almeno altre due case appartenenti a Isabella Tacci Giunti.
La nuova costruzione procedette con gradualità, anche in rapporto alle disponibilità per far fronte alle spese reali.
Nell’anno 1652 si terminò la costruzione delle volte dei locali-cripta ricavati sotto il livello della strada. Era stata così creata un’area di 27 m. x 19 destinata a contenere la chiesa della quale erano già state innalzate le mura perimetrali e il loggiato. Alla stessa data risulta coperta col tetto anche metà della chiesa per cui, senza attenderne il completamento, venne deciso di trasferirvi l’immagine affrescata.
La traslazione fu fissata per il 5 giugno 1652. L’evento attrasse un gran numero di fedeli che, come risulta dalle cronache del tempo, affollavano la strada, i campi circostanti e gli oliveti posti nel terrazzamento delle Bacerne. Un fitto scampanio si levò da tutti i campanili di Castiglioni.
Il primo giorno, mercoledì, l’affresco fu rimosso dalla sua antica residenza e provvisoriamente lasciato in mezzo alla nuova chiesa; il giorno seguente fu collocato sull’altare maggiore.
La collocazione dell’immagine nella parete di fondo nella quale oggi la vediamo è avvenuta quindi il 6 giugno 1652.
Ecco una cronaca non firmata di queste giornate.

“Ricordo come questo dì 5 giugno in giorno di mercoledì tra le 22 e 23 si levò dalla chiesa vecchia, che ora si è mandata giù, la SS Vergine di Rivaio e quella si trasportò nella nuova chiesa e per non essersi la sera potuto mettere su nell’altare si lasciò stare nel mezzo della chiesa con il suo solito lume e la mattina seguente il dì 6, giovedì, si pose su nell’altare dove è presente, e dopo si finì di murare su nell’altare intorno alla medesima e la mattina susseguente giorno di venerdì il Sig Arciprete Bartolomeo Serrati assieme con i signori canonici e il clero benedisse intorno la detta chiesa processionalmente con le debite solite cerimonie essendosi partito dalla Pieve il clero processionalmente e cantandosi da quello le litanie del Signore nel venire alla chiesa della Madonna e dopo dal suddetto Arciprete si cantò la prima messa della Madonna secondo il tempo, Diacono prete Donato Falaschi, suddiacono prete Fr. Urdini.
L’istessa mattina, dopo il Sig Arciprete, disse messa il Canonico Attilio Fucini poi il Sig Canonico Alessandro Onesti e dopo prete GioBatta Neri Cappellano di detta chiesa di Rivaio e l’ultimo prete Giulio Giusti della Valle di Chio.
In detta mattina, in detta chiesa, predicò il Maestro Fra Francesco Brozzi (13) (con l’intervento della Signoria di palazzo cioè Consiglio Nuovo e vecchio ed era Gonfaloniere il Sig Dr Gio Girolamo Tizi e vi fu gran gente e particolarmente quando si levò la sera innanzi la Vergine che erano piene le strade di gente e gli oliveti circonvicini e la strada di sopra detta delle Bacerne, essendosi prima fatta suonare la campana grossa del palazzo e tutte le altre campane di Castiglioni il tutto a onor di Dio e di Maria SS sempre Vergine et a devotione e maggior concorso di popolo”.

Il 14 novembre fu coperta tutta la chiesa. Quella sera stessa il Cappellano cantò le litanie della Beata Vergine e il Te Deum Laudamus in segno di ringraziamento.
Per vedere completato il pavimento occorrerà attendere il giugno 1655, anno in cui Rutilio Brozzi, Benefattore e assiduo curatore della chiesa di Rivaio, in memoria del fratello Sebastiano commissionò un altare in pietra da dedicare a Sebastiano e alle anime del Purgatorio.
Ancora grazie a un lascito di 200 scudi fatto da Rutilio, nel 1663 si gettarono le fondamenta per la costruzione del coro, della sacrestia e di altre stanze che verranno però realizzati molto tempo dopo.

Una serie di lasciti consentì di erigere altri altari: nel 1657 e 1658 quelli dedicati a Santa Caterina e allo Sposalizio della Vergine (da parte di Marco Ghirlandi); nel 1663 l’altare di San Crispino e san Crispiniano martiri (da parte della Congrega omonima).

02L’anno successivo, domenica 16 marzo, si celebrò la prima messa all’altare di San Sebastiano. Nel 1665, con un lascito di Alessandro Castiglioni, viene costruito l’altare maggiore in pietra e tre anni dopo, il 22 novembre, “si tirò indietro circa due palmi verso il muro del coro la Madonna Santissima, per opera di Mastro Giovanni Bonini muratore di Fiesole; e dal cappellano si accesero quattro torce e si disse O Gloriosa Domina, Maria Mater Gratiae, sub tuum presidium”.
La chiesa, in occasione della visita apostolica del 1692, aveva quasi assunto l’aspetto attuale: un’unica navata che si apre a croce latina mozza, formando un transetto che termina lateralmente con due altari, uno dedicato allo Sposalizio della Vergine, l’altro a san Crispino e Crispiniano. In posizione centrale naturalmente l’altare maggiore, l’altare “privilegiato” nel quale è collocato l’antico affresco della Vergine.
Altri due altari sono a metà circa della navata: quello a sinistra dedicato all’Immacolata, quello a destra a Santa Caterina.
L’anno 1708 la famiglia Fazzuoli (che per oltre un secolo detenne la responsabilità amministrativa dell’Opera), donò una campana di 225 libbre.
Successivamente, ancora i Fazzuoli, completarono il loggiato intorno alla chiesa e fecero il cassone per l’organo posto sopra la porta principale.
Una solenne consacrazione delle chiesa venne celebrata l’11 aprile 1728 dal Vescovo Antonio Guadagni, quasi alla vigilia di solenni processioni per impetrare grazie di fronte a una grave influenza che seminava morte in tutta Italia.

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La cronaca di quei giorni dice che il Capitolo e il Magistrato di Castiglioni vollero fare una processione di penitenza alla quale intervenne tutto il clero secolare e regolare con tutte le compagnie incappate e con infinità di popolo. La lunga processione partita dalla Collegiata raggiunse il Rivaio per pregare dinanzi alla immagine scoperta della Vergine. La cessazione delle mortali conseguenze dell’epidemia venne ricondotta alla intercessione della Madonna del Rivaio rafforzandone la devozione.
Dopo la soppressione delle confraternite, avvenuta nel 1785, fu ceduto alla chiesa del Rivaio il bellissimo crocifisso della Compagnia di san Lorenzo.
Qualche anno dopo si registrano due avvenimenti che ancora oggi vengono ricordati dalle due lapidi poste sotto il loggiato.
Il 10 e il 12 settembre 1803, Maria Luisa regina di Etruria si fermò in questa chiesa per venerare la sacra immagine.
Ma la visita che più onorò il santuario del Rivaio fu quella del Sommo Pontefice PIO VII, di passaggio dopo essere stato in Francia per la incoronazione di Napoleone. Era l’11 maggio 1805.
Il giorno precedente una deputazione canonicale guidata dal Vicario Fabbrini, che da giovane aveva studiato insieme al papa nel collegio di Cesena, andò ad Arezzo per rendergli omaggio nel Vescovado e per invitarlo a una sosta in Castiglioni. Forse la sosta non rientrava nel programma dei suoi spostamenti, ma il Papa vi fu costretto dall’insistenza di una gran folla che lo attendeva nei pressi del santuario assieme a tutto il clero castiglionese e della Magistratura municipale. Sceso dalla sua carrozza il Papa entrò nella chiesa e pregò dinanzi alla antica immagine di Maria Santissima delle Grazie.
Intonato il solenne “ O Gloriosa Virginum “ e impartita la Benedizione a tutti i presenti con il SS Sacramento, Pio VII ripartì accompagnato dal suono della banda e di tutte le campane del paese.

Tra il 1867 e il 1868 la chiesa di Rivaio restò chiusa al culto per interventi di restauro.
Il primo intervento interessò il tetto che, data la poca inclinazione, era causa di infiltrazioni d’acqua. Si provvide poi al rifacimento del pavimento sostituendo i mattoni con quadrelloni, facendo così scomparire molte scritte relative a sepolture ivi esistenti, solo alcune vennero murate alle pareti della chiesa. Fu rifatto l’intonaco della facciata e rimbiancato tutto l’interno. Si fecero rifondere le campane restaurare le tele degli altari.

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Nel 1878, il Canonico Don Federico Tanganelli, quale priore al Rivaio, acquistò e collocò nella cantoria il vecchio organo della chiesa degli Scolopi.
La parete di fondo sulla quale è l’altare maggiore rivelava minacce di crollo e il Tanganelli provvide a costruire l’abitazione per il priore tirando su il muro fino al tetto Mons. Tanganelli dispose anche la cessione alla chiesa del Rivaio di tutti isuoi libri e della sua mobilia.
Il 31 dicembre del 1894 Don Federico, cappellano del Rivaio per oltre 30 anni, rinunciò all’incarico per motivi di salute. Pur continuando a officiare, si dette da fare per trovare una famiglia religiosa che si stabilisse al Rivaio.
La prima proposta, nel 1907, venne fatta agli Scolopi che avevano lasciato un ricordo molto vivo e positivo della loro presenza e della loro attività svolta in Castiglioni fino al 1870. Ma i locali messi a loro disposizione erano troppo ristretti per una comunità che gestiva iniziative diverse, in particolare un Noviziato, per cui gli Scolopiani furono prima costretti ad affittare alcune camere nel vicinato e a usare come dormitorio un vano sottostante alla chiesa senza intonaco e quasi senza finestre, con pavimento provvisorio di legno.
Dettero quindi avvio a lavori che gli procurarono grossi problemi. Come dirà poco dopo Padre Angelo Audino dei Maristi “Venuti qui, lasciarono porta aperta a tutti, specialmente ad alcuni farabutti che invece di aiutarli non facevano che portare intoppi al loro ministero creando ogni sorta di difficoltà. Essi, uomini di carità., si posero a dare largamente del loro e una nube di sanguisughe li pose ben presto in brutte condizioni”.
Dopo soli sei mesi, per ordine del Provinciale, gli Scolopiani abbandonarono tutto e se ne andarono. Don Tanganelli, ancora rettore del santuario, doveva trovare una nuova soluzione al problema tanto più che gli veniva attribuita una buona parte di colpa in quello che era successo. Si ricordò di una relazione stabilita qualche tempo prima con alcuni Padri della Società di Maria, che ora si trovavano in difficoltà nella sede di Santa Fede, presso Cavagnolo, tanto da cercare una nuova sede nel Veneto.

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Era il 23 giugno 1909 quando padre Blanchon, il Provinciale di Lione, e padre Coperè, procuratore generale della società a Roma, vennero a visitare il Rivaio e lo trovarono adatto.
Il Vescovo Giovanni Volpi non ebbe esitazione ad accordare la loro venuta.
Il 23 luglio 1909 il Vescovo Volpi e il superiore generale Raffin firmavano la convenzione: i Padri ricevevano l’uso della chiesa e del fabbricato annesso, venivano quindi autorizzati al ministero in Diocesi e alla ricerca di vocazioni, avendo in mira il bene spirituale della gioventù.

La situazione degli ambienti non era mutata:
“...la casa mancava dei mobili e la chiesa stessa denotava trascuratezza notevole. ...quelli furono tempi veramente difficili che richiesero coraggio, inventiva e aiuto”.
Prima decisione fu quella di acquistare un terreno vicino, 1809 mq. Seguì subito dopo una costruzione dormitorio.

Nel 1804, il 10 dicembre, il Vescovo Albergotti, decretò che nella chiesa santuario del Rivaio fosse custodito il SS. Sacramento.