(riad. da Santuario Madonna delle Grazie del Rivaio – C. Serafini 2001)
L’aspetto generale della chiesa santuario di Santa Maria delle Grazie del Rivaio si sviluppa sulla base di un progetto di cui non si conosce l’autore.
Costruita con orientazione ponente-mezzogiorno, la chiesa mostra tutta la sua facciata, volta a nord est, soprattutto scendendo da Castiglioni.
Un loggiato formato da pilastri collegati tra loro da un parapetto con panchina di pietra e che sostengono archi ad essi sovrapposti con disegno abbastanza regolare, circonda su tre lati il corpo della chiesa e ne divide la facciata principale.
La parte che emerge sopra il tettino del loggiato è semplice, terminando acuminata con una cimasa formata da un solo sguscio o modanatura ornamentale, nella cui sommità è collocata una croce di ferro.
Unico ornamento, una finestra rotonda nel mezzo circondata da una grossa e pesante cornice di pietra.
Nella parete che resta all’interno del loggiato si apre la porta principale con stipiti, architrave e soglia di semplice pietrame “a cardinaletto” e con sopra cornice divisa, pure questa di pietra.
Ai lati della porta sono due sedili di pietra e sopra, sulla parete, le iscrizioni su marmo che ricordano il passaggio di Maria Luisa e di Pio VII.
Sul fianco destro, il loggiato è stato interrotto e chiuso parzialmente, dopo la quarta arcata, creando una cappella comunicante con la chiesa; sul lato sinistro, lasciata aperta una sola arcata che incornicia bellamente la torre del Cassero e la parte alta del paese, tutto il resto dell’iniziale loggiato è stato tamponato e interrotto in modo da ottenere alcuni locali, un ampio corridoio e una ampia cappella col fonte battesimale.
Le due antiche porte laterali della chiesa, corredate di semplici soglie, stipiti e architravi di pietra a cardinaletto, funzionano quindi come aperture di collegamento tra il corpo della chiesa e le cappelle laterali.
Alla estremità del tetto, dalla parte di ponente, è il campanile a ventola con due piccole campane.
Entrando dalla porta principale troviamo una bussola a quattro paraventi, due laterali e due di fronte sopra ai quali stanno altri due sportelli tutti di legname.
L’interno della chiesa è a croce latina mancante del braccio superiore, quindi una T.
Dalla porta di ingresso fino all’altare maggiore la chiesa è lunga circa 25 metri: l’aula fino al transetto misura circa 19 metri; il transetto, circa 6 metri e mezzo.
La larghezza sempre nell’aula è poco più di 9 metri, nella crociata quasi 15. L’altezza è di circa 12 metri.
La copertura, con due pendenze, è sostenuta da 4 capriate nel corpo della chiesa e da un arco di materiale che divide il corpo dalla crociata la quale è coperta allo stesso modo, ma col sostegno di semplici travature.
Al di sopra della bussola di ingresso un tempo era il piano dell’orchestra costruita tutta in legname, con parapetto vestito di tela dipinta e sostenuta da due fulcretti che poggiavano sul piantito della chiesa.
Oggi, scomparsa ogni traccia di questa cantoria, tra la bussola e il finestrone è collocato un crocifisso in grandezza naturale, opera giovanile dell’oggi affermato scultore castiglionese Enzo Scatragli.
Altri elementi scomparsi dalla chiesa perché caricavano e appesantivano tutto sono una pila per acqua santa con la base che poggiava sul pavimento all’inizio dell’aula, sulla destra, due grandi confessionali di legname, un baldacchino che stava sopra l’altare maggiore, grandi lumiere pendenti dal soffitto. Una balaustra in legno verniciato trattato a pilastrini e colonnini, con una apertura a sportelli al centro e altre due laterali, con andamento semicircolare, divideva l’aula dal presbiterio, di per sé sollevato da due scalini in pietra.
Al centro del presbiterio, davanti all’altare maggiore che è il punto focale della chiesa, dopo la riforma liturgica del Concilio è oggi un altare di pietra con mensa che pone il celebrante rivolto all’assemblea.
Nella parete laterale destra si impone subito, protetto dentro una nicchia chiusa da un cristallo, un antico crocifisso in legno intagliato e dipinto (170 x 110), opera di scuola toscana del 500.
Un recente intervento di restauro, condotto con delicatezza e maestria, che lo ha riportato all’originaria policromia, consente di leggere chiaramente il modellato con cui l’autore volle rappresentare gli elementi realistici della sofferenza del Cristo inchiodato sulla croce.
L’anatomia è sobriamente modellata, serena l’espressione del volto. Gesù Crocifisso, nella consueta iconografia, ha il corpo leggermente reclinato, braccia poco flesse, dita delle aperte, i fianchi cinti da un drappo di seta cremisi.
L’opera viene attribuita alla cerchia di Baccio da Montelupo, autore assieme ai discepoli di numerose sculture di questo tipo nell’aretino e in particolare a Castiglioni, ma la commissione di un Crocifisso fatta nel 1545 a un certo Nero di Borgo San Sepolcro ha fatto rivedere l’attribuzione di questa opera.
Altare parete destra della navata.
SPOSALIZIO MISTICO DI SANTA CATERINA (altare della parete destra della navata)
Lavorato in muratura e stucco (700x500x100) su commissione del Dr Marco Ghirlandi nel 1658, ma realizzato solo dopo il 1660.
Due colonne e due semicolonne con capitelli compositi sostengono una trabeazione che culmina al centro in un riquadro ornato di testine ed elementi floreali.
Ai lati due angeli seduti sorreggono una corona.
Alla base delle due colonne è uno stemma a mezzo rilievo della famiglia Ghirlandi: campo attraversato da una banda trasversale e due corone in alto e basso.
La mensa è ornata di riquadri.
Nel riquadro in alto è scritto:
D.CATHARINE VIRGINI SENENSEI
In quello centrale:
HANC ARAM PIE DICAVIT MARCUS GHIRLANDUS I.C. CASTIL. FLOR. ARRHAM SILICET SALUTAE ANIMAE INTER AGNI NUPTIAS AETERNUM DESPONSATAE SPONSORUM PATROCINIO ANNO SALUTIS MDCLVII
La struttura dell’altare riprende quello di fronte, fatto costruire due anni prima.
Il dipinto, un olio su tela, cm 300 x 190 è opera di Salvi Castellucci, un continuatore della maniera cortonesca.
Fu commissionato dai coniugi Cecilia Ghirlandi e Tommaso Brozzi nel 1664 quando per la morte di Marco Ghirlandi il patronato degli altari passò ai Brozzi.
La scena si svolge nel presbiterio buio di una chiesa; l’oscurità è interrotta dall’illuminazione improvvisa che giunge diagonale e dall’alto.
Santa Caterina, vestita dell’abito domenicano bianco con mantello nero, riceve l’anello inginocchiata di fronte a Gesù che è seduto su un trono con due gradini e avvolto in un manto rosso.
Tra i due è la Vergine in vesti scure.
Sullo sfondo si intravedono architetture e un gruppo di tre personaggi musicanti. Presso il gruppo centrale e in alto vi sono degli angioletti.
L’opera è stata ridipinta quindi il quadro è alterato rispetto all’originale.
LO SPOSALIZIO DELLA VERGINE E SAN GIUSEPPE (altare sulla cappella destra del transetto)
L'altare è della seconda metà del XVII sec., essendo stato fatto lavorare a stucco, anche questo dal Dr Marco Ghirlandi nel 1657, ma terminato qualche anno dopo.
Quattro colonne marmorizzate gialle sostengono una trabeazione in stucco decorata a rosette e motivi vegetali.
In centro culmina in alto in un riquadro che ai fianchi ha due angeli sorreggenti una corona.
La mensa, lo sfondo delle colonne e l’architrave sono ornati a specchiature marmorizzate.
Alla base delle colonne è uno stemma: campo azzurro attraversato da una scala marrone. In alto e in basso una corona.
Nel riquadro in alto la scritta COELITIBUS SPONSIS annuncia che l’altare è stato eretto per rappresentare lo SPOSALIZIO DELLA MADONNA, un olio su tela del 1664, opera di Salvi Castellucci di Arezzo.
Come per corrispondere alla devozione e alla curiosità popolare i pittori hanno dato risposta anche agli aspetti privati di Maria.
Giuseppe liberato dalla sua perplessità celebra quelle nozze che comportavano la coabitazione dei due coniugi e la Chiesa ha assegnato a questo avvenimento la data del 23 gennaio.
Castellucci descrive il momento dello scambio degli anelli ambientandolo nel tempio.
La Vergine vestita di rosso e azzurro porge la mano a San Giuseppe in vesti grigie e gialle che è in atto di infilarle l’anello. Tra i due è il sacerdote in abito grigio damascato.
In alto, un cielo pieno di angeli con al centro la colomba dello Spirito Santo irradiata di luce, si apre sopra i personaggi che numerosi affollano la composizione. A sinistra personaggi maschili, a destra personaggi femminili velati.
L’altare, fino all’altezza della mensa, resta coperto da una gradinata costruita per ospitare la corale della parrocchia che accompagna la liturgia nella messa domenicale e nelle occasioni solenni.
Addossato alla parete contigua all’altare maggiore è collocato fin dal 1964 un bell’Organo Pinchi voluto da padre Foglia maestro del coro e organista del santuario per 15 anni.
ALTARE MAGGIORE CON L’IMMAGINE AFFRESCATA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE
In pietra arenaria, cm 700x380x90, poggiato sulla parete di fondo.
Due colonne e due paraste con capitelli compositi sostengono una trabeazione ornata da un motivo a girali d’acanto al di sopra della quale è un arco interrotto al centro da un riquadro terminante a timpano ornato da un cherubino.
La base delle colonne e i gradini della mensa sono lisci.
Nel riquadro in alto si legge: PRIVILEGIATO, per l’ex rescripto SS. PP. Pii IX, 12 dicembre 1865.
Sopra la mensa:
VIRGINI MATRI SACELLUM HOC EX MENTE ALEXANDRI CASTILLIONIS DICATUM THOMAS BROZZIJ C. CAECILIA GHIRLANDI CONIUGES CONSOBRINI VOTO PIE ADHERENTES EX LAPIDE ERIGENDUM CURAVERE.
Come dice l’iscrizione, l’altare fu fatto costruire dai coniugi Tommasi Brozzi e Cecilia Ghirlandi, realizzando la volontà di Alessandro Castiglioni che aveva fatto un lascito di 2000 scudi per l’erezione della cappella della SS.Vergine.
Una decorazione murale, in stucco dorato e dipinto, arricchisce la grande nicchia che circonda l’altare maggiore.
Due paraste con testine angeliche e festone sostengono un arco decorato alla sommità da un grande cartiglio e serti floreali.
Entro l’arco sono due cherubini e tralci vegetali a girali.
In basso, ai lati dell’altare, due cornici ovali decorate da testine angeliche, archi spezzati e festoni contengono due dipinti che rappresentano Angeli con Fiori, opera di fine XVII - inizio XVIII sec.
I due ovali presentano due immagini di angioletti a figura intera e seminudi: quello a destra è parzialmente avvolto da un manto rosso e ha in mano gigli e rose; quello a sinistra è coperto da un drappeggio chiaro e ha tra le mani delle rose.
Nello sfondo testine di angeli e squarci di cielo azzurro.
Le cornici di stucco fanno parte dell’intero complesso decorativo.
Le due delicate immagini secondo alcuni sono da attribuire a ignoto pittore il cui stile è influenzato dalla pittura emiliano-veneta (tipo Sebastiano Ricci). Più attendibile la tesi di Liletta Fornasari che riconduce la commissione dei due angeli con fiori da parte di Cecilia Brozzi, sempre al Salvi Castellucci.
Nel cartiglio sull’arco trionfale si legge:
MARIA-MATER GRATIAE.
Sull’altare l’affresco della antica maestà, databile XIV-XV sec, opera di ignoto toscano, uno dei tanti pittori attivi nella campagna aretina.
L’opera (100 x 100) che dimostra delle ridipinture, rappresenta la Vergine seduta, vestita di un manto azzurro che le copre il capo e di un abito marrone.
Volge lo sguardo in basso verso il Bambino nudo, sdraiato sulle sue ginocchia.
Lo sfondo marrone scuro è cosparso di stelle d’oro.
L’affresco è contenuto in una cornice di legno intagliato e dorato, applicata in sovrapposizione. Una cornice quadrangolare di m 1,5 x 1,5 (prima metà del XVII sec), con ricco intaglio a volute fogliami e serti di rose.
In alto al centro sono due cherubini.
Tipico esempio di intaglio con decorazioni “rocaille” di fattura pregevole che testimonia l’alto livello raggiunto dagli artigiani del legno attivi in Val di Chiana nel 6-700.
Il Ciborio, legno intagliato e dorato, è opera di intagliatori dello stesso periodo.
Due colonnine tortili sostengono una cornice sagomata. Lo sportello è decorato con un motivo vegetale grafito.
È un arredo sacro di modesta fattura e di tipologia piuttosto frequente.
SS. CRISPINO E CRISPINIANO
(Altare sulla cappella sinistra del transetto)
L’altare della cappella, in muratura e stucco, è dedicato a San Crispino e Crispiniano, nobili romani del III sec. che abbandonarono i loro averi per andare a predicare il Vangelo e vivevano esercitando il mestiere di ciabattini.
Questo altare venne eretto nel 1663 a spese dei Confratelli della Congregazione di san Crispino “fondata solo da uomini addetti all’arte speciale dei calzolai” e che celebravano la festa nell’ultima domenica di ottobre, anche con musica, torciata, sonetti...
Quattro colonne marmorizzate gialle sostengono una trabeazione in stucco variamente decorata a rosette e motivi vegetali culminanti al centro, in alto, in un riquadro. Ai lati sono due angeli. Quello a sinistra ha in mano una spada e una bilancia.
La mensa, la base e lo sfondo delle colonne e l’architrave sono ornati a specchiature marmorizzate.
Nel riquadro in alto: DIVIS CRISPINO E CRISPINIANO PROTECTORIBUS
L’altare, come quello che fa da pendant. riprende lo schema di quello in pietra che venne costruito per primo sul fianco sinistro della navata.
Il dipinto, LA VERGINE COL BAMBINO IN GLORIA E I SS CRISPINO E CRISPINIANO è un olio su tela eseguito nel 1663 da Adriano Zabarelli di Cortona, detto il Palladino, un artista che interpreta la pittura di Pietro da Cortona in maniera molto più modesta rispetto a quella di Castellucci.
La Vergine siede in alto circondata da angioletti emergenti tra le nuvole. Indossa veste rossa e blu e tiene il figlio sulle ginocchia.
In basso, contro lo sfondo di un colonnato, si stagliano le figure dei due santi. Quello a destra indossa vesti gialle e rosse, quello a sinistra vesti verde e marrone. Le tonalità sono scure.
Stilisticamente la composizione è molto simile a quella dell’altare successivo.
IMMACOLATA CONCEZIONE Altare della parete destra della navata
In pietra serena lavorata da Ippolito Bracci da Lucignano cui fu commissionato da Marco Ghirlandi.
Due colonne e due semicolonne con capitelli compositi sostengono una trabeazione elaborata culminante in alto al centro in un riquadro ornato da testine ed elementi floreali.
Alla base delle colonne uno stemma con aquila su tre monti.
La mensa in muratura è ornata di riquadri.
Nel riquadro in alto:
IMMACULATO DEIPARAE CONCEPTUI
nel riquadro centrale:
UT SPEI SIMUL AC TIMORIS EXPONERET MONUMENTUM ARAM HANC PIOS REFERENTEM MANES SIGNE EXPIANDOS DICATAM VOLUIT SEBASTIANUS BROZZIUS, VOTUMVE PROPENSIUS IMPLEVIT RUTILIUS FRATER A. MDCLV
L’altare presenta decorazioni seicentesche ispirate a una notevole sobrietà che non ne alterano la struttura di tipo classico:
Come ricorda l’iscrizione della mensa, l’altare e la cappella vennero eretti per volontà di Rutilio Brozzi nel 1655 in memoria del fratello Sebastiano che morendo piuttosto giovane lasciò per testamento che si erigesse un altare nella chiesa da poco costruita, dedicandolo alla Concezione della Beata Vergine.
Rutilio soddisfece la fraterna volontà e dedicò l’altare alla CONCEZIONE A SAN SEBASTIANO E A SAN GIUSEPPE E ALLE ANIME DEL PURGATORIO.
Anche la tela di questo altare, ordinata da Cecilia figlia di Marco Ghirlandi e dal marito Tommaso Brozzi dopo il 1655, ha come autore Salvi Castellucci e rappresenta appunto
L’IMMACOLATA CONCEZIONE CON I SANTI SEBASTIANO E GIUSEPPE che pregano in suffragio delle anime del Purgatorio.
Una composizione che attinge da un altro erede di Pietro da Cortona, Ciro Ferri e dove la dignità regale di Maria è fatta risaltare dalla presenza di Angeli e di Santi
L’Immacolata col capo circondato da stelle e la falce di luna sotto i piedi è seduta in alto tra gruppi di angeli e indossa una veste azzurra e un velo giallo.
In basso, inginocchiati, a destra S. Sebastiano avvolto in un manto rosso e a sinistra S. Giuseppe in vesti grigie e gialle.
Tra i due santi le anime del purgatorio
Il quadro, che riprende la maniera cortonesca, ha subito vistose e orribili ridipinture.